lunedì 10 dicembre 2007

Cinquantatrèesima

Lettura di poesia a Milano.
Leggono giovani poeti
col taglio di capelli giusto
entrati col grimaldello
nelle grasse Case Editrici.
Si alternano sul palco
morto dopo morto
si applaude nonsisacosa
funerale dopo funerale
Non si ride
Non si piange
Non si pensa.
Si sta lì a rompersi le palle
per cercare di conoscere qualcuno
importante che a sua volta
ha già avuto la rottura.
Si vorrebbe gridare, fare qualche scherzo,
citare D'Annunzio o Brecht o un mio
amico caro morto di catarro
per troppa commozione
scrivendo poesia.
Ma come provocare vitalità
fra giovani poeti nati
con alta percentuale di mortalità?
Anche la poesia non arriva a Chiasso.
«Caspita, hai fatto un passo avanti
da quella letta settimana scorsa»
(dice nell'intermezzo un giovane poeta).
«Mi compiaccio che tu l'abbia capito»
(risponde nell'intermezzo l'altro poeta).

Un poeta piccolo di statura Milanese
presenta a tutti sua madre sorridente
ed è l'unico che abbia qualcosa di nuovo
da mostrare oltre la nonna defunta
con la poesia dell'anno scorso.

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